"Anche se la nebbia non ci permette di vedere nulla, il GPS conferma che siamo arrivati alla Pointe des Trois Communes, l’ultima grande salita dopo quattro giorni consecutivi in sella. Chiudere il rally in così poco tempo ci era sembrato un obiettivo impossibile e, invece, eccoci qui. Abbiamo poco più di 2000 metri di dislivello nelle gambe, altri 1000 e 60 Km ci separano da Nizza. Per come stiamo, non sarebbe un problema. Sarebbe faticoso, ma non un problema. Rimane il fatto che a Nizza non sappiamo dove dormire e che le mogli arriveranno solo il giorno dopo a prenderci.

Iniziamo la discesa. Con una serie infinita di tornanti ci lasciamo alle spalle la nebbia, la pioggia e qualche altro partecipante che abbiamo incontrato in salita. Più in basso la giornata è bella e calda, un invito a scendere verso il mare e la movida di Nizza.

Sbagliamo strada e invece di finire a Sospel, ci ritroviamo in un paese esattamente dall’altra parte di una cresta. Se continuiamo, sarà discesa fino alla fine, un ulteriore tentazione a raggiungere Nizza e la conclusione di questo viaggio.

Ci sediamo in una piccola piazza per fare il punto della situazione. A Lucéram non c’è quasi nulla, a parte il fascino di tutti i paesini arroccati su una montagna. Dall’altra parte della strada due giovani ragazzi stanno ritirando la verdura esposta davanti al loro negozio di alimentari. Sono quasi le 18.30 e non sembra esserci molta gente in giro. Cerco sul telefono un hotel dove andare a dormire a Nizza, visto che il bivacco sulla spiaggia non è consentito e non ci sembra nemmeno un’opzione plausibile. Rimangono solo alcuni posti in un’anonima catena di hotel da aeroporto. Io e Carlo ci guardiamo e ci immaginiamo seduti e puliti in hotel, davanti ad un continental breakfast. No, decidiamo che non è ancora arrivato quel momento. Il gps segna che in cima alla cresta c’è un ultimo waypoint condiviso dagli organizzatori del rally. E’ indicato come the last bivy spot before Nice.

Sono circa 700 metri di dislivello e una quindicina di chilometri. Ci infiliamo nel negozietto all’ultimo e compriamo cous cous, paté, formaggio, pane, cioccolato ed una bottiglia di Orangina fredda di frigo.

Saliamo nella luce del tramonto. Fa caldo, ma la strada è bellissima. Poco prima del buio raggiungiamo il punto di bivacco dove troviamo un gruppo di ciclisti inglesi e tedeschi che si sta godendo il tramonto su un piccolo prato affacciato sulla vallata. Lontano si vede il mare. Laggiù c’è la fine di questo viaggio e il ritorno alla vita di tutti i giorni. Non vogliamo sfuggirla, anzi. Però non c’è neanche così tanta fretta e il cous cous è buonissimo.

Il Rally Torino - Nizza non è una gara. Non c’è una classifica, un arrivo vero e proprio ed una partenza in linea. Non ci sono quasi regole, se non quella di non essere un asshole (cit.). Non ci sono limiti sull’attrezzatura, non ci sono controlli, punti di ristoro e cronometri. C’è un traccia gps e un appuntamento: lunedì 3 settembre alle 9 del mattino. Per me e Carlo il viaggio fino a Torino è breve, ma quando arriviamo a Piazza Bodoni ci accorgiamo che la maggior parte dei ciclisti che vi sono radunati non parla italiano. E non c’è una bici uguale all’altra. L’unica costante è un qualche tipo di sistema per trasportare quello che ognuno ritiene necessario per affrontare il percorso e dei copertoni da sterrato. Per il resto è il carnevale. Ci sono tipi minimal con gambe depilate, bici da strada adattate in qualche modo e una borsetta sottosella che contiene giusto un cambio e una camera d’aria. Altri hanno borse e borracce attaccate ad ogni punto disponibile sul telaio. Vedo tazze di metallo, bottiglie di vetro con liquidi che non hanno il solito colore fluo dei integratori, maglie di lana, ma nessuna barba hipster. Alcuni sono in MTB e c’è anche uno con la fat. Altri hanno tutto giusto e perfetto, di quella marca che hai visto su instagram, altri ancora ti domandi come faranno.

Noi siamo nel mezzo. In alcuni momenti, durante le prove fatte nei giorni precedenti, ci sembrava di avere troppo. In altri momenti ci sembrava di avere troppo poco. Non siamo degli esperti, ma non siamo degli sprovveduti. Io e Carlo qualche viaggio in bici lo abbiamo anche fatto. Siamo dei montanari e la bici è una delle nostre più grandi passioni. Ma qui è una cosa diversa: c’è il viaggio, ma c’è anche l’idea di metterci meno tempo possibile. Questa è la novità per noi. Il Rally Torino - Nizza è una gara. Perché se metti insieme un gruppo di ciclisti la situazione diventa in automatico competitiva. Me ne accorgo subito il primo giorno: quando mi avvicino a qualcuno da dietro, la reazione è il tipico aumento di ritmo a cui mi sono abituato durante le uscite in bici da strada. Sento che i discorsi vertono sempre intorno a quanti mm di copertone si è riusciti ad incastrare nel telaio o a quanti giorni si prevedono per arrivare a Nizza.

La prima salita è veramente dura. Il Collombardo, che unisce le Valli di Lanzo dalla Valle di Susa, con i suoi 2000 metri di dislivello, le pendenze superiori al 20% e il terreno smosso, non è un posto consigliabile con lo spazzolino da denti e un sacco a pelo appesi al telaio. Fa subito selezione e lo affrontiamo come se ci fosse un arrivo in salita. Mando giù qualche gel e pedalo a testa bassa nella nebbia. A Susa, nonostante le gambe dure, attacchiamo anche il Colle delle Finestre. Non ci fermiamo nemmeno a mangiare. La salita è tanto lunga quanto bellissima. Spingo sui pedali pensando alla fuga di Froome al Giro. Per fortuna abbiamo pensato di dormire in una locanda poco dietro il colle. Altri continuano nel buio della notte. Arrivare al Sestriere o Briançon il primo giorno è lo scopo di chi punta al tempone. Il giorno dopo ho le gambe dure, più di quanto avrei voluto, e inizio a pedalare lentamente. Il posto è bellissimo. La strada dell’Assietta si stende davanti al nostro sguardo: una linea bianca senza fine nel verde bruciato tipico delle terre alte. Superiamo alcuni che hanno evidentemente passato qualche ora di notte per arrivare fino al Rifugio dell’Assietta. Il risveglio deve essere stato tragico per loro. Il ritmo è quello permesso dalle nostre gambe. Ci fermiamo a fare qualche foto, nonostante la fame ci spinga verso Sestriere. Mangiamo finalmente con le “gambe sotto un tavolo” e, nel pomeriggio, superiamo il Monginevro e l’Isoard lasciando che sia il corpo a dettare il ritmo e non le nostre aspettative.

Il Rally Torino - Nizza non è una gara perché sarebbe un peccato affrontarlo a testa bassa. E’ un viaggio sulle strade più alte delle Alpi. Un continuo alternarsi di vallate abitate e paesaggi marziani. Giù si mangia, in ogni valle qualcosa di diverso. Su si pedala quasi in apnea. Giù ti senti padrone della situazione. Su sei esposto agli elementi, sul filo di sentirti fuori luogo con la tua sottile salopette da bici e la giacchetta leggera. Si sale rallentati dalle borse, si scende cantando per l’euforia data dalla bicicletta che scorre. Si avanza con quella leggerezza mentale data dal sapere che tutto ciò che ti serve è lì con te, appeso al telaio. La bici è in grado di estendere o comprimere lo spazio. Permette di fuggire dal temporale in arrivo, ma non ti isola dall’ambiente che ti circonda. Ti serve solo un po’ di allenamento per farla correre.

Eh si, il Rally Torino - Nizza è una gara perché il percorso non è scontato. Se non i primi chilometri del primo giorno, non c’è quasi un metro che non sia in salita o in discesa. E quando inizi una salita, puoi solo concluderla, perchè nel mezzo non c’è quasi niente. Avanzi a salti quantici. E l’idea di metterci meno tempo possibile è quasi una questione estetica, di pulizia della traccia che ti lasci dietro. Ma non è solo questo. Puoi anche non sentire il confronto con gli altri, ma è rimane il piacere di mettersi alla prova. E’ la famosa gara con te stesso. Quella gara in cui le regole le decidi tu e sono probabilmente più severe di quelle che ti imporrebbe il senso comune. Quella gara, che se la chiudi, vinci sempre. Anche se non arrivi primo.

Il Rally Torino - Nizza è un evento di bikepacking. Non è una gara, ma piuttosto una sfida con se stessi nel portarlo a termine. Durante il rally non c’è nessun tipo di supporto. Le uniche informazioni condivise sono l’itinerario, qualche consiglio pratico su dove dormire e mangiare, l’ora e il luogo della partenza. Il percorso include all’incirca 485 Km di asfalto e raggiunge una quota massima di 2750 m (il Colle dell’Agnello). In aggiunta presenta 240 Km di strade sterrate militari, spesso ad altitudini superiori ai 2000 m. I paesaggi del Queyras, del Parco Nazionale del Mercantour e delle Alpi piemontesi sono la ricompensa per chi è preparato a pedalare per lunghe giornate e dormire sotto le stelle. L’intero percorso misura tra i 600 e i 700 Km con all’incirca 15-20.000 metri di dislivello. In ogni caso si possono scegliere alcune varianti del percorso in modo da adattarlo alle proprie abilità e aspettative. Gli sterrati più duri hanno sempre un’alternativa più semplice o asfaltata. Non c’è un regolamento vero e proprio, ma piuttosto delle regole di condotta generali. La bici consigliata per il percorso integrale deve essere predisposta per terreni particolarmente difficili, con copertoni almeno da 35, ma sono vivamente consigliate misure maggiori. Non definirei le strade militari del cuneese degli sterrati, ma piuttosto dei sentieri particolarmente larghi. Bisogna prevedere di avere con se numerosi ricambi per la bici, vestiti per il freddo e almeno due portaborracce. Del resto ci si trova spesso ad oltre 2000 metri in luoghi particolarmente isolati da affrontare con particolare attenzione.

torino-nice.weebly.com

Articolo e foto di Damiano Levati : Storyteller-Labs

WOW" Da togliere il fiato vero? Se ti è piaciuto questo articolo, clicca qui e condividilo subito su Facebook!

Se non l'avete mai provata, abbiamo una flotta gravel TEST, che ti permetterà di capire quali sono le potenzialità di queste bici.

Per darti invece un idea su prezzi e montaggi, clicca qui.

Ed infine per non perderti altre storie come questa, visita il nostro blog, e seguici sui nostri social Facebook ed Instagram.